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La riforma della riscossione delle entrate locali, la quale ha attribuito efficacia esecutiva agli avvisi di accertamento tributari e ai connessi atti di irrogazione delle sanzioni, ha chiarito che in caso di ricorso la riscossione frazionata si applica solo alle sanzioni.

La riscossione in pendenza di giudizio
Ai sensi del comma 792 dell’articolo 1 della legge 160/2019 (ACCERTAMENTO ESECUTIVO), decorso il termine per la presentazione del ricorso, l’avviso di accertamento acquisisce efficacia esecutiva, consentendo l’avvio delle procedure esecutive e cautelari senza necessità di notificare prima il titolo esecutivo.
Se il contribuente presenta ricorso avverso l’avviso di accertamento avanti alla Commissione tributaria competente, non si ferma l’efficacia esecutiva dell’avviso, fatta eccezione per le sanzioni, per le quali si applicano le regole contenute nell’articolo 19 del Dlgs 472/1997. In altre parole, se il contribuente ricorrente non ha provveduto al pagamento delle somme richieste entro la scadenza dell’avviso (che diviene il termine per proporre ricorso e non più 60 giorni come previsto dal comma 162 della legge 296/2006), l’ente impositore potrà procedere alla riscossione coattiva per l’imposta, per gli interessi e gli altri oneri contenuti nell’avviso. Non invece per le sanzioni, le quali saranno riscuotibili solo dopo la sentenza di primo grado che respinge il ricorso, nel limite dei due terzi del loro ammontare, ovvero nell’importo massimo stabilito dalla sentenza che accoglie parzialmente il ricorso (sempre non oltre i due terzi). La restante parte sarà riscuotibile solo dopo la pronuncia della commissione regionale che conferma l’atto impugnato.

I precedenti
Nell’Ici la Corte di cassazione aveva più volte ritenuto che, in pendenza del giudizio di primo grado, non fosse applicabile ai tributi locali la riscossione frazionata prevista dall’articolo 68 del Dlgs 546/1992, in quanto valida solo per i tributi per i quali la stessa è espressamente prevista (come le imposte dirette sui redditi) Cassazione, ordinanze n. 5318/2019 e 30170/2017. In proposito, la sentenza della Cassazione n. 8921/2013 aveva aggiunto che, dopo il deposito della sentenza di primo grado, si rendeva applicabile invece il criterio dettato dall’articolo 68 del Dlgs 546/1992, essendo il contribuente tenuto a pagare solo i due terzi. La riscossione seguiva quindi criteri diversi a seconda che l’ente impositore vi provvedesse prima o dopo il deposito della sentenza della commissione provinciale. Al contrario, l’articolo 19 del Dlgs 472/1997 prevede che le regole della riscossione frazionata in pendenza di giudizio previste dall’articolo 68 del Dlgs 546/1992 sono applicabili per le sanzioni anche ai tributi per i quali la stessa, nella specifica disciplina, non trova applicazione.
Nel nuovo accertamento esecutivo questa regola appare ancora più chiara, essendo espressamente richiamata dalla legge solo la norma sulla riscossione frazionata delle sanzioni.

Avviso impugnato
Cosa accade quindi al nuovo accertamento in presenza di ricorso? Qualora il valore della lite non superi l’importo di 50mila euro, a mente dell’articolo 17-bis del Dlgs 546/1992, il ricorso vale come reclamo, con eventuale proposta di mediazione. La norma appena richiamata prevede espressamente che, durante la fase di svolgimento del reclamo, vale a dire 90 giorni dalla presentazione del ricorso (oltre all’eventuale periodo feriale se è coinvolto il mese di agosto), la riscossione e il pagamento dell’avviso sono sospesi. In caso di esito negativo del procedimento, il contribuente si vedrà addebitati gli interessi calcolati al tasso vigente per lo specifico tributo. Questo termine va coordinato con la disposizione del comma 792 della legge 160/2019, in base alla quale, trascorsi 30 giorni dalla esecutività dell’avviso (scadenza del termine per proporre ricorso), l’avviso è consegnato al soggetto legittimato alla riscossione forzata (termine da considerare come iniziale). Si potrebbe ritenere che, stante la sospensione operante in caso di ricorso non solo per il pagamento ma anche per la riscossione, l’ente debba attendere la scadenza della stessa prima di consegnare l’avviso a chi cura la fase esecutiva.
In base a quanto sopra evidenziato l’ente avvierà alla riscossione solo l’imposta, gli interessi e le spese contenute nell’avviso, a cui si aggiungono gli importi delle spese di elaborazione e di notifica degli atti, previsti dal comma 803, qualora l’ente non si avvalga di Agenzia delle entrate riscossione, o dal comma 792, lettera i, in caso opposto. Non invece le sanzioni, riscuotibili in parte solo dopo la sentenza di primo grado.
Altra norma che necessita di un coordinamento con quanto sopra è quella del comma 803 della legge. 160/2019, allorquando prevede l’applicazione di interessi sulle somme avviate alla riscossione coattiva (solo sul tributo), conteggiati, al tasso legale maggiorato al massimo di 2 punti percentuali, a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di esecutività dell’atto (vale a dire quello di scadenza del termine per ricorrere).
In base all’articolo 17-bis del Dlgs 546/1992, invece devono aggiungersi, dopo il rigetto del reclamo o il fallimento della mediazione, gli interessi calcolati allo stesso tasso vigente per il tributo (vale a dire il tasso deliberato dall’ente ai sensi del comma 165 della legge 296/2006, o in mancanza quello legale), dalla scadenza dell’avviso.
Il contribuente può, anche dopo la scadenza della sospensione di legge, richiedere la medesima alla commissione tributaria provinciale ai sensi dell’articolo 47 del Dlgs 546/1992. In questo caso, laddove sussistano i presupposti del fumus bonis iuris e del periculum in mora, la commissione può concedere la stessa in forma collegiale ovvero con provvedimento del presidente in caso di particolare urgenza. L’istanza di sospensione è di norma valutata entro 180 giorni e cessa con il giudizio di primo grado (salva la facoltà di richiederla anche in secondo grado). In proposito va rammentato che durante la sospensione maturano gli interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa (vale a dire a quello che applicherebbe il Comune laddove avesse concesso la sospensione dell’atto ai sensi delle norme sull’autotutela amministrativa) e che, la commissione tributaria, nel valutare l’istanza di sospensione, deve decidere anche sulle spese della fase cautelare, che restano dovute anche dopo il giudizio di merito, salvo diversa disposizione dello stesso.

Sospensione delle azioni esecutive
Tuttavia, al di la della formale sospensione dell’atto impugnato, occorre evidenziare che il comma 792 della legge 160/2019 stabilisce la sospensione delle azioni esecutive (non di quelle cautelari), per un periodo di 180 giorni dalla consegna dell’atto al soggetto che si occupa della riscossione coattiva (ridotto a 120 giorni se il soggetto che cura la fase coattiva è lo stesso che ha emesso l’accertamento). Salvo che il soggetto incaricato della riscossione non rilevi un fondato pericolo per la riscossione.

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