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Punto di partenza per la trattazione della questione di cui in oggetto è l’art. 2-bis, d.l. n. 193/2016, introdotto per porre rimedio ai casi di mancato riversamento ai Comuni delle somme riscosse da parte dei concessionari della riscossione (iscritti nell’albo di cui all’art. 53, d.lgs. 446/1197) ma creante, altresì, non pochi dubbi circa la sua interpretazione.
Detta disposizione normativa ha stabilito le modalità di effettuazione del versamento spontaneo dei tributi e delle altre entrate degli enti Locali. In particolare ha fissato come il suddetto versamento debba avvenire direttamente sul conto corrente di tesoreria dell’ente impositore, ovvero mediante F24 o, ancora, attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli stessi enti. Ne fanno eccezione solo l’Imu e la Tasi che continuano a poter essere versate esclusivamente mediante il modello F24 o i bollettini postali aventi caratteristiche analoghe al predetto modello ed altresì approvato con appositi provvedimenti. Diversamente, il versamento spontaneo delle altre entrate può avvenire solo sul conto corrente di tesoreria dell’ente o attraverso gli strumenti elettronici di pagamento.
Orbene, il dettato della sopra citata norma, sottraendo ai Comuni ed agli altri enti qualsiasi differente possibilità di scelta, sembrerebbe precludere la possibilità di introito dei tributi comunali nei conti correnti postali. Sul punto è intervenuto l’Ifel (Istituto per la Finanza e l’Economia Locale – fondazione dell’Anci) con nota di approfondimento del 22.12.2016, chiarendo come il versamento delle entrate locali possa essere effettuato anche su conti correnti postali intestati al Comune. L’Ifel ha evidenziato come l’ambito di azione della disposizione normativa, finalizzata appunto a minimizzare i rischi connessi alla circolazione dei denaro pubblico da parte di soggetti terzi, vada individuato nei soli pagamenti cd. spontanei, previsti alla scadenza naturale o in regime di ravvedimento operoso, mentre ne restano esclusi quelli conseguenti ad avvisi di accertamento ed ingiunzioni fiscali.
Circa al riferimento al “conto corrente di tesoreria”, il medesimo istituto ha ritenuto come la norma sia parimenti rispettata con versamenti effettuati su conti correnti postali intestati al Comune in quanto, altrimenti, il soggetto affidatario non riuscirebbe ad acquisire le informazioni utili per la gestione e la rendicontazione dei tributi.
Da ultimo, si badi che l’art. 2-bis del d.l. n. 193/2016, in vigore dal 1 marzo 2017, va comunque raccordato all’art. 7, co. 2, lett. gg-septies), d.l. n. 70/2011, che impone al concessionario l’obbligo di apertura di uno o più conti correnti riscossione, intestati al soggetto affidatario e dedicati alla riscossione delle entrate dell’ente affidante, sui quali devono affluire tutte le somme riscosse. In tal modo si avrà un regime di versamento così composto: la nuova disciplina prevista dal d.l. 193/2016 solo per i versamenti spontanei mentre il d.l. 70/2011 per le riscossioni conseguenti ad atti di accertamento o ad ingiunzioni fiscali.

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